Afferma il Corano: «Incombe agli esseri umani compiere per Dio il pellegrinaggio alla Casa, per colui che è in grado di compierlo.» (Sura ‘Āli`Imrān 3:97)
Una volta nella vita, ogni Musulmano deve andare in pellegrinaggio (ḥajj) nei luoghi sacri, purché le sue condizioni fisiche e finanziarie glielo permettano: è uno dei cinque pilastri dell’Islam (Arkān al-Islām).
Il ḥajj va compiuto nel mese lunare di Dhū l-Ḥijja, l’ultimo dell’anno islamico. In tutti gli altri periodi il rito è chiamato ʿumra, cioè pellegrinaggio ‘minore’, non obbligatorio, che si differenzia dal ḥajj per la durata più breve e per i passaggi liturgici, diversi e semplificati.
La Casa è alla Mecca, o Makka al-Mukarrama (‘Makka l’Onoratissima’), in Arabia Saudita (al-Suʿūdiyya o al-Saʿūdiyya).
Qui si trova la Grande Moschea, nota come Al-Masjid al-Ḥarām (‘La sacra moschea’), nel cui centro c’è la Kaʿba, un edificio di forma cubica.
L’importanza della Kaʿba per i musulmani deriva dal fatto che nella tradizione islamica la «Makka, benedetta, per la guida dei mondi» è considerata «la prima Casa che è stata designata agli uomini.» (Sura ‘Āli`Imrān 3:96)
Un ulteriore motivo della santità della Kaʿba è la ‘Pietra Nera’ (al-ḥajar al-aswad), incastonata nel suo spigolo orientale e venerata dall’epoca preislamica
I pellegrini, prima di cominciare i riti del pellegrinaggio alla Kaʿba, devono entrare in uno stato di ‘purità rituale’ o iḥrām.
Come segno esteriore di questa condizione devono, tra l’altro, vestirsi di panni bianchi.
Arrivati alla Mecca, i pellegrini fanno sette giri (tawāf) intorno alla Kaʿba.
I veri e propri riti del ḥajj prevedono il raduno dei pellegrini l’8 del mese di Dhū l-Ḥijja nella località di Minā, a est della Mecca, dove trascorrono la notte.
Il giorno seguente salgono sul monte ʿArafāt (Jabal ʿArafāt), che si erge sulla pianura omonima.
Tornati a Minā, lanciano 7 sassolini (ramī al-jimār) contro una stele per maledire il Diavolo (Shayṭān, Iblīs). Quindi avviene la rasatura (o accorciamento per le donne) della capigliatura (khalkh) e la fine dello stato di purità rituale. Infine i pellegrini tornano Mecca per un ṭawāf di saluto alla Kaʿba ricoperta dalla sua nuova kiswa annuale.
Dall’11 al 13 Dhū l-Ḥijja, nei cosiddetti ‘Giorni della gioia’ (ayyām al-tashrīq) avvengono scambi di visite e pasti conviviali.
Tornati a casa, i pellegrini guadagnano una particolare stima, e spesso i vicini dipingono nelle loro case immagini dei luoghi sacri o persino degli aerei su cui hanno viaggiato.
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A chi avesse intenzione di fare un viaggio in Arabia Saudita consigliamo di leggere con attenzione l’avviso particolare del 26.09.2014 – tuttora valido – sul sito Viaggiare Sicuri.
In particolare:
«Le Autorità saudite non rilasciano visti turistici.» […]
«I visti per turismo che erano emessi solo per viaggi collettivi “group tours” preventivamente approvati sono per il momento sospesi a tempo indeterminato.»
«L’Islam pervade tutti gli aspetti della vita in Arabia Saudita.
La pratica in pubblico di culti diversi da quello musulmano ed il proselitismo sono reati perseguiti con severità. L’apostasia è punibile con la morte del musulmano convertito. I simboli legati ad altre religioni come crocifissi, Bibbia, ma anche oggetti che possono ritenersi legati alla “magia nera” (pratica punita dalla legge) sono considerati illegali in pubblico e generalmente le Autorità di frontiera ne impediscono l’importazione.
Nella pratica è tollerato il culto di altre religioni in privato, ma vi sono state notizie di numerosi incidenti con le autorità in proposito.
L’accesso alle città sante di Mecca e Medina è permesso solo ai musulmani.»